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Forte, fortemente, fortezza, fortificamento, fortificare, fortificatrice…

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Forte, fortemente, fortezza, fortificamento, fortificare, fortificatrice, fortissimamente, fortissimo, fortitudine, fortuito, fortuna, fortunale, fortunato, fortunevole, fortunosamente, fortunoso…

Sto leggendo le parole da una pagina di un libro del Seicento; e che libro del Seicento! Si tratta della prima edizione del Vocabolario della Accademia della Crusca, stampata a Venezia nel 1612. Quante di queste vi suonano estranee?

Probabilmente nessuna, e, fate attenzione, in realtà non si tratta di parole seicentesche ma di parole italiane del Trecento.

Come è possibile?

Succede perché gli Accademici della Crusca, con il fine principale di dare un’identità alla lingua della cultura – ritenendo che fosse ormai accreditata la fiorentinità della lingua colta – decisero di ritornare all’uso trecentesco dei testi fiorentini; così vollero comprendere nel Vocabolario solo parole della lingua toscana, in particolare il lessico degli scrittori fiorentini del Trecento e degli autori del Duecento.

Questa impostazione creò fin dall’inizio accese polemiche che successivamente accompagnarono il Vocabolario lungo tutta la storia delle sue edizioni: che un’Accademia si arrogasse il diritto di scegliere quale vocabolo fosse corretto o meno e che privilegiasse forme locali antiche rispetto alle lingue allora parlate può destare, in verità, qualche perplessità. Ma che l’operazione abbia avuto successo lo dimostra il fatto che, come abbiamo visto, gran parte delle parole selezionate siano tuttora in uso e quindi comprese da un italiano moderno più facilmente di quanto lo fossero da un veneto, un lombardo o un napoletano non istruiti del XVII secolo. In nessun altro paese europeo questo è successo.

Gli inglesi di media cultura per capire un autore trecentesco come Chaucer hanno bisogno di una traduzione. Lo stesso in Francia: il francese del Trecento è quasi un’altra lingua rispetto a quello moderno. L’influenza che il vocabolario della Crusca ha avuto sulla formazione della lingua italiana letteraria e attraverso questa, anche su quella parlata delle persone colte è, dunque, difficilmente sovrastimabile: mancando in Italia una capitale ed una società di corte unitaria – il tradizionale luogo di irradiazione d’una lingua nazionale – questo libro è stato la nostra Parigi e la nostra Versailles, la nostra Londra e la nostra Westminster, fino almeno alla metà del Novecento.

Filippo Crocetti[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/2″]

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