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La Biblioteca dei Miei Ragazzi dell’Editore Salani

     Le nostre estati da piccoli, quando, finita la scuola, ci trasferivamo tutti in campagna, in un antico castello tra Firenze e Siena, dove si stava in affitto nell’appartamento all’ultimo piano, un tempo riservato ai domestici. Il babbo e la mamma, andati a Firenze al mattino, tornavano la sera. Noi restavamo affidati a una donna – una contadina del posto che governava la casa – con il solo dovere di essere lì a pranzo, verso mezzogiorno. Svincolati per il resto, al di fuori di ogni controllo, liberi di architettare qualunque avventura: escursioni giù al bórro con sfide di scivolate su ripide discese in terra battuta, esplorazioni nei labirinti delle buie cantine del castello, tuffi tra i monti di pula il giorno della trebbiatura del grano. Poi, alla sera, non paghi, pronti di nuovo a competere per conquistare, tra i libri in dotazione alla casa – vecchi volumi sopra un palchetto di vetro – quelli più seducenti, con le copertine illustrate a colori, in cartone, alcuni con i dorsi saltati…

 

     Quanti ricordi! Innescati di colpo dalla lettura della bella Storia della Biblioteca dei Miei Ragazzi, di Anna Levi (Pontedera, Bibliografia e Informazione, 2012), che rievoca le “stupefacenti avventure di bambini che godevano d’una libertà inaudita” e attraverso avventurose peripezie “trovavano fortune nascoste”. E ci racconta d’una collana, la Biblioteca dei Miei Ragazzi, nata nel 1931 per soddisfare le esigenze di educazione e ricreazione di una gioventù che, senza la televisione – e disponendo raramente di veri e propri giocattoli – aveva nei libri uno dei pochi strumenti di divertimento. Libri in quegli anni dominati ancora da testi ottocenteschi, che Ettore Salani capì che era il momento di sostituire con opere moderne, scritte in tempi più recenti, “almeno negli ultimi venti anni”. Opere che furono soprattutto traduzioni di romanzi pubblicati nella rivista francese La Semaine de Suzette, che all’inizio Ettore aveva acquistato quasi per caso dal collega e amico Maurice Languereau e che fino al 1940 vennero tradotti in modo fedele agli originali, mentre nelle ristampe successive furono italianizzati, cambiando nomi dei luoghi, dei personaggi e attributi dei protagonisti. Racconti in molti casi scritti da donne che si celavano sotto nomi maschili: Pierre Besbre (Eugénie Soulié), André Bruyère (Claire Henriette V. Nassans), Éric de Cys (Marie Josèphe V. Benoit d’Entrevaux), Georges Louza (Marie Ernestine Perrault), Pierre Perrault (Sophie Victorine Perrault), Jean Rosmer (Jeanne Ichard). Donne della piccola borghesia francese, che arrotondavano le entrate grazie al talento della scrittura e a volte si vergognavano di questa necessità. Scrittrici dotate di una sensibilità per elaborare trame avvincenti in uno stile semplice ed elegante, leggibili con piacere anche oggi. Misconosciute dai critici, perché le loro storie, dedicate all’infanzia e quindi limitate nei temi, parevano non meritare considerazioni più profonde. Sfruttate dagli editori, che in seguito le lasciarono sole, quando il mondo che raccontavano – fatto di fanciulli smarriti o abbandonati, ritrovati e riconosciuti da conti e baroni che vivevano di rendita, accuditi da un esercito di domestici – scomparve. E accanto ai “Suzette” molte opere di autori italiani, tra le quali si distinsero per soggetti i cosiddetti “volumi di argomento fascista”: Sim ragazzo abissino, Euro ragazzo aviatore, Saettino, puro sangue meneghino, tutti di Gino Chelazzi, Il talismano del 23mo stormo, di Ugo Scotti Berni. Testi che nel secondo dopoguerra Mario Salani, figlio di Ettore, per ragioni di convenienza politica, sostituì con nuovi racconti, senza cambiare il numero di collana ai volumi. Infine gli illustratori: italiani e soprattutto francesi (con i romanzi de La Semaine de Suzette Salani comprava anche le relative illustrazioni). Più fortunati questi ultimi, diventati quasi tutti famosi – Maurice Berty, René Giffey, Guydo, Etienne Le Rallic, Felix Lorioux, Henri Morin, Raymond de La Nézière – alcuni, ironia della sorte, illustrando pubblicazioni erotico-galanti agli antipodi della cattolica Biblioteca dei Miei Ragazzi. Di successo anche le illustratrici (francesi) Madeleine Hermet, Manon Lessel. Non altrettanto – con l’eccezione di quelli affermatisi come pittori: Fernando Baldi, Remo Squillantini, Gastone Rossini – gli Italiani, costretti spesso, da un mercato editoriale meno ricco, a un lavoro duro e poco remunerativo: Carlo Chiostri, Maria Augusta Cavalieri, Roberto Lemmi, Corrado Sarri, Fiorenzo e Giovanni Faorzi.

 

     La Biblioteca dei Miei Ragazzi cominciò nel 1931 con Il fanciullo che venne dal mare e terminò, con la prima edizione de Il segreto di Marika, nel 1955. In 25 anni i titoli pubblicati – comprese le variazioni editoriali e le sostituzioni – furono 123 (oltre il cinquanta per cento i “Suzette”), in molti casi più volte ristampati. A metà degli anni Cinquanta i gusti del pubblico erano cambiati e agli occhi dei giovani lettori i protagonisti delle sue trame – nobili, orfani, contadini – parvero profili sfocati di un passato logoro, a volte perfino grottesco. Ma, sorprendenti dissolvenze incrociate, figure simili sarebbero tornate a fuoco, facendo di nuovo breccia nell’immaginario di ragazze e ragazzi. Verso la fine degli anni Settanta, presentandosi nella forma più contemporanea possibile: i  cartoni animati giapponesi di Heidi, Candy Candy, Lady Oscar, Remi.

Ecco alcuni volumi della “Biblioteca dei miei ragazzi”:

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