Il primo amore di D’Annunzio
“Venne una bianca figlia di Fiesole
alta e sottile, da l’occhio d’aquila”
Canto Novo, Roma, Sommaruga, 1882, p. 24, versi 13-14
“Perché dobbiamo tener nascosto a tutti e chiuso in un cassetto come cosa negletta, questa tua meravigliosa prosa che, conosciuta, accrescerebbe, se pure possibile, gloria alla tua gloria e darebbe a me un senso di ineffabile orgoglio? La mia esistenza fatta tutta di dolore e di rassegnazione avrebbe forse un’ultima scintilla luminosa. Da te mi venne la prima grande gioia della mia vita: fa sì che sul tramonto di questa grama esistenza io possa avere ancora una gioia ed essa mi sia data dal tuo consentimento”. È Giselda Zucconi in una commovente lettera a D’Annunzio, nel 1926; chiede il permesso di pubblicare le oltre duecento lettere d’amore che a diciannove anni, dal primo dicembre 1881 al 23 gennaio 1883, il poeta le aveva scritto. D’Annunzio le negherà il permesso, “probabilmente non ritenendo che la sua prosa giovanile avrebbe aggiunto lustro alla sua fama” (Giordano Bruno Guerri “Lettere al primo amore”); le lettere saranno pubblicate solo nel 1985, dal Centro Nazionale di Studi Dannunziani di Pescara, a cura di Ivanos Ciani.


Certo, al primo incontro, in quel 17 aprile di quarantacinque anni prima, giorno di Pasqua del 1881, Gabriele avrebbe concesso qualunque cosa a quella “strana bimba da li occhioni erranti, misteriosi e fondi come il mare” che suonava il pianoforte nel salone luminoso della villa paterna. Lì, invitato da Tito Zucconi, suo professore al Collegio Cicognini di Prato, per conoscere la famiglia, D’Annunzio ascolta rapito e si innamora perdutamente di lei, la maggiore delle cinque figlie del professore: la diciassettenne Giselda, che il poeta ribattezza presto Elda o Lalla. Giselda sarà, dopo le varie figure femminili vagheggiate nel “Primo vere”, il suo primo vero amore e la sua prima musa letteraria, “adoratissima ispiratrice”, a cui dedicherà il “Canto Novo”, l’opera nella quale per la prima volta appare prorompente il sensualismo panico di immedesimazione e annullamento nella natura che caratterizza molta sua produzione successiva. Dopo la maturità al Cicognini, nel novembre del 1881, D’Annunzio si trasferisce a Roma e inizia una fittissima corrispondenza con Lalla, che comprende duecentotrentadue lettere scritte in poco più di un anno. Lettere traboccanti passione e sensualità voluttuosa, promesse di eterno amore, progetti di matrimonio; dove – come scrive Giordano Bruno Guerri – “il poeta infonde tutto se stesso: sono i primi, eloquenti passi della spettacolarizzazione della sua vita, non ancora clamorosa ma fatta sublime e trasfigurata da questo continuo traboccare di sé, dall’euforia e dal trasporto in cui si traducono atti e parole, realtà e fantasie immaginifiche”. Giselda è travolta da questa tempesta di passione e di letteratura e esige che il poeta la raggiunga; otterrà solo una decina di giorni di compagnia, a Firenze, nel giugno 1882. Dopodiché Gabriele torna a Pescara e poi a Roma, da dove continua a scriverle lettere ma dove, in breve tempo diventato celebre, adorato, conteso, con le collaborazioni alla Cronaca Bizantina e al Capitan Fracassa si è brillantemente inserito nell’ambiente mondano, letterario e artistico. Piano piano le lettere si fanno brevi e rare. L’ultima è del 23 gennaio 1883. Il 28 luglio 1883 D’Annunzio sposa la duchessina Maria Altemps Hordouin di Gallese, figlia dei proprietari di palazzo Altemps a Roma.
Giselda resterà segretamente innamorata. Sposerà il pittore Umberto Gambassini. Morirà nel 1942, nel manicomio di San Salvi a Firenze, dove era stata ricoverata dopo la morte del marito e quella di un figlio. Nella introduzione al libro “Lalla, un sogno che distrugge il tempo nemico” di Lori Gambassini, Gianfranco Gambassini, nipote di Giselda, ricorda il suo incontro con la nonna, nel giardino di San Salvi: stringeva in mano un fazzoletto con le iniziali G.d.A. La tempesta di vento che l’aveva sorpresa a diciassette anni aveva lasciato tracce incancellabili.
Ecco la prima edizione del “Canto Novo”, opera dedicata a “Lalla”, con invio autografo di D’Annunzio agli zii della fanciulla.
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