Neapoli, sumptibus Nicolai, & Vincentii Rispoli, 1721, quattro parti parti legate in un volume (quattro perchè la terza parte è divisa in ulteriori due parti), in folio, legatura coeva in piena pergamena (ampia mancanza della pergamena sul piatto anteriore, piatto anteriore al quale manca anche l’angolo inferiore esterno), pp. [6], 178, [14] – [4], 143, [1] – [8], 88 – [4], 60. Si tratta dell’opera più ampia e completa del giurista criminale napoletano seicentesco Carlantonio De Rosa, sicuramente più fortunata della sua altra opera giuridica “Civilis decretorum praxis”. In questo libro il De Rosa “Negata l’attendibilità della tortura come mezzo per il conseguimento della verità, sosteneva che il convincimento del giudice dovesse fondarsi sull’esperienza e sull’utilità sociale della decisione. In tal modo travolgeva ogni distinzione tra indizi e prove: la certitudo moralis del giudice era sufficiente per comminare la pena stabilita dalla legge. Non era ancora l’affermazione del principio del libero convincimento, ma se ne ponevano le premesse che, un secolo più tardi, sarebbero state sviluppate dal pensiero illuministico” (dizionario Biografico degli Italiani Trecani). Qualche altra traccia d’uso di minor rilievo.
DE ROSA Carlo Antonio [Napoli, 1638 – 1712].
Diritto criminale, diritto penale, storia del diritto, diritto antico, Regno di Napoli, giuristi napoletani, diritto napoletano, Seicento, Settecento.