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Dei ed eroi alle pendici del Vesuvio

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Nel 1766 (o probabilmente nel 1776, nonostante la data in frontespizio) venivano pubblicate, a Napoli, le “Antiquités etrusques, grecques et romaines, tirées du cabinet de m. Hamilton, envoyé extraordinaire de S.M. Britannique en cour de Naples”. (Collection of Etruscan, Greek and Roman, antiquities from the cabinet of the Hon. W. Hamilton, his Britannick Maiesty’s envoy extraordinary at the Court of Naples).

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L’opera, impressa in quattro volumi in folio, in francese ed in inglese, che si sarebbe rivelata una delle più influenti nella determinazione del gusto e della moda europea dalla fine del XVIII al XIX secolo inoltrato, nacque dall’incontro di due grandi personalità, in aspetti diversi, tipicamente settecentesche: William Hamilton, plenipotenziario inglese alla corte napoletana, appassionato di vulcanologia e collezionista d’arte antica – ma anche famoso per il ruolo che la sua giovane e disinvolta seconda moglie, Emma Hamilton, amante dell’ammiraglio Nelson, ebbe nella repressione della Repubblica Napoletana del 1799 – e l’avventuriero francese Pierre-François Hughes (autodesignatosi barone d’Hancarville), scrittore, storico, mercante d’arte e autore, sotto falso nome, di pubblicazioni pornografiche.

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Hamilton, che grazie a d’Hancarville aveva acquistato la collezione di reperti archeologici della famiglia Porcinari e gradualmente l’aveva integrata con pezzi provenienti anche da scavi abusivi, incaricò il francese di curare il catalogo della collezione; il risultato furono, appunto, i quattro volumi delle “Antiquités” impressi a Napoli da Francesco Morelli negli anni 1766-1767: un vero capolavoro di arte neoclassica, profusamente illustrato da incisioni in rame spesso colorate a mano: mai era successo, prima di allora, che antichi vasi greci venissero rappresentati con tale precisione di finissimi particolari di sublime bellezza.

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L’opera influenzò significativamente decoratori, artigiani, architetti e studiosi inglesi ed europei nei successivi cinquanta anni: uno dei fini di Hamilton nel pubblicare il catalogo – quello di ispirare gli artisti contemporanei – era stato raggiunto: del resto, a questo scopo, aveva spedito diverse prove di incisioni a Josiah Wedgwood, il famoso produttore inglese di ceramiche che ne rimase folgorato e le utilizzò come modelli per i vasi della sua manifattura. La stampa – e soprattutto le incisioni – costarono una fortuna e quando, successivamente, d’Hancarville, oberato dai debiti, dovette fuggire da Napoli, come ultima ancora di salvezza economica, si portò dietro i rami originali serviti all’edizione, nella consapevolezza del loro valore. L’intera collezione di vasi venne venduta nel 1772 al British Museum, costituendone il primo nucleo d’arte antica.

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Presentiamo qui la seconda edizione francese recante le stesse tavole della prima francese, eseguite da Francois-Anne David

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ed una serie di tavole provenienti dal primo volume delle “Antiquités”, con calcografie colorate a mano all’origine o più semplicemente, ma non meno efficacemente, impresse in inchiostro nero.

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